Cronache internazionali e dibattito politico interno si concentrano in maniera uniforme su azioni e parole di singoli elevati a indiscussi protagonisti: sembra che nel Mondo nulla avvenga o si possa muovere se non ci sia all’origine la scelta di qualcuno. Una prospettiva che è facile far risalire alla matrice culturale greco-romana, comune all’intero Occidente, con il suo culto dell’Eroe. I cui prototipi sono Eracle/Ercole, i grandi personaggi dell’epica omerica e virgiliana, infine Alessandro Magno e Giulio Cesare. Modelli indiscutibili, del resto, anche se i primi si pongono sul piano del Mito; il Macedone è a cavallo tra questo e la realtà; solo Cesare, a ben vedere, è rimasto ancorato soltanto a quello concreto della Storia.
L’idea, dunque, che esistano dei singoli capaci d’incidere così profondamente sul corso degli eventi da risultarne, alla resa dei conti, i veri artefici è antica e non certo riducibile alle derive politiche del Novecento con l’affermazione dei vari duce e führer, letteralmente “guida” o “condottiero”. Come le teorie storico-filosofiche e le conseguenti ideologie alla base delle successive fortune. Non siamo, cioè, in presenza di una singolare devianza dal corso naturale dell’evoluzione sociale, come a un certo punto si è detto e spesso si continua ad affermare, bensì di un dato incistato in profondità nella cultura dell’Occidente. Da qui la ricorrente attesa di un qualche “uomo della Provvidenza”, capace per virtù messianica di raddrizzare il corso degli eventi. Specie quando questi abbiano assunto una piega indesiderata a seguito, per esempio, di una sconfitta militare o della crisi economica oppure per l’evoluzione generale della società in cui si vive. Storia e cronache pullulano in ogni epoca di tali personaggi anche perché a chiunque piace interpretare il ruolo. Non c’è dubbio che essere considerati salvatori della Patria in pericolo risulti quanto mai gratificante.
Non c’è affatto da stupirsi, quindi, del costante riapparire del fenomeno. Trump, insomma, non rappresenta affatto una “devianza”, come tanti credono, ma della risposta data oggi negli USA al bisogno di tanti di affidarsi a uno di tali feticci. Lasciamo perdere l’improponibilità del personaggio. Del resto, qui in Italia siamo esperti in materia: continuiamo a imbatterci in Messia a ogni angolo di strada e chiunque abbia problemi di varia natura pensa, in sostanza, di risolverli con qualche forma di “discesa in campo”. Visto il precedente principe, direi che non hanno affatto torto. Resta da chiedersi come poi accada che tali “capi” falliscano regolarmente non a risolvere i problemi, questo è scontato, ma nemmeno a fare i danni temuti dagli avversari: in definitiva, i due maggiori esempi del Novecento, Hitler e Stalin, hanno avuto bisogno di imponenti apparati burocratici per trasformare i pensieri in azioni. E anche nel loro caso, come diversi storici hanno ben messo in evidenza, le radici del loro successo affondano nelle profondità delle rispettive società e culture. Völkisch nel caso del primo e Panslava nel caso del secondo. Condite entrambe con ampie dosi di due tra le grandi utopie dell’Ottocento, nazionalismo e socialismo. Spesso mescolate tra loro in varia misura a generare cocktail micidiali.
Apparati burocratici i quali hanno condiviso non solo le direttive, ma i fondamenti culturali alla base delle decisioni: al punto che è lecito chiedersi se i due dittatori, in realtà, non siano stati alla resa dei conti i semplici portavoce ovvero, come si dice oggi, i frontmen buttati sul palco dalle circostanze a interpretare un semplice ruolo. Una sorta di megafoni umani, insomma. La domanda si deve estendere a ogni tempo e luogo e quindi anche a quello presente e a noi. È sin troppo facile constatare che nessun presidente degli Stati Uniti, per esempio, devia di un millimetro dalla geopolitica di lungo periodo, che la Superpotenza persegue con ferma coerenza dal momento in cui è uscita dall’isolazionismo, Anni Trenta del Novecento. Lo stesso si deve osservare per la Russia: Putin non fa altro che incarnare tanto i malesseri che le aspettative radicati nell’anima russa. Questi sono stati messe da parte solo per un breve periodo, a seguito della sconfitta subita nella Terza Guerra Mondiale o Guerra Fredda, che dir si voglia. Non appena le condizioni sono tornate un minimo favorevoli, Mosca ha ripreso i fili della tradizionale geopolitica russo-sovietica.
La vera novità del nostro tempo, a voler essere precisi, è rappresentata dalla Cina: il Celeste Impero, infatti, si è per secoli caratterizzato per un atteggiamento di chiusura rispetto al resto del Pianeta e di rifiuto del Mondo. Un po’ come il Giappone precedente all’Era Meiji. Al pari del Sol Levante prima della Seconda Guerra Mondiale, la Cina al momento prova a emanciparsi dalle catene imposte dall’Occidente. Perché, è un dato di fatto, è tale strana creatura prima figlia di un gruppo di stati, Gran Bretagna con Francia e Germania, poi decisamente a guida USA a dominare il Pianeta. A proprio vantaggio, ovviamente. Il fatto di farne da sempre parte e pure di esserne culla culturale dovrebbe toglierci ogni dubbio sul dove e con chi stare. Sembra, però, che, specie in ambienti iper-sofisticati e in altri dalle conoscenze alquanto dubbie, regni parecchia confusione in merito. Perché il resto del Mondo vuole solo capovolgere lo stato delle cose e dominare a sua volta il Pianeta, non instaurare il Regno della Pace e della Giustizia. Siamo avvertiti.
Ciò spiega perché la politica dei governi non cambi anche quando tutto sembra mutato tra chi dovrebbe dirigerla. Donne, uomini, Destra, Sinistra, Centro, liberali, socialisti, popolari, sovranisti, nazionalisti, neo-qualsiasi cosa: come ha ben detto l’ex capo della Cia Leo Panetta, oggi docente universitario, nessun problema se sarà eletto Trump, perché l’apparato burocratico attorno a lui continuerà a servire gli interessi di lungo periodo americani. I quali non prevedono nulla di quanto l’aspirante candidato repubblicano proclama a ogni occasione. Come s’è visto già in altre occasioni ed è stato confermato dal primo anno di governo di Giorgia Meloni: qualcuno sa indicarmi le differenze rispetto ai predecessori, Mario Draghi, Giuseppe Conte e via dicendo? Pensateci un attimo, vi accorgerete che non ce ne sono. La ragione per cui il capo è irrilevante: la politica è modellata dalle costanti di lungo periodo. E queste restano le stesse, perché dipendono da geografia e storia e da come si è formato il carattere nazionale formatosi nel lungo periodo. Il resto sono chiacchiere, ideali per lo spritz al bar o il caffè in salotto. Niente di più.