Mettiamola così: viviamo in un mondo difficile. Complicati sono i problemi, chiamati dagli ottimisti sfide, ancora di più le soluzioni. Ovvio, dirà qualcuno. È scontato in un mondo globalizzato e multipolare, dove il concetto stesso di centro, in senso politico ed economico, si è smarrito per l’emergere di molti nuovi e aggressivi, soggetti. La geometria decisionale è diventata variabile, infinite le incognite da prendere in considerazione per abbozzare possibili soluzioni.
È tutto vero. A questo, però, si aggiunge un elemento di confusione in più: la perdita di senso di categorie quali destra, sinistra, centro per inquadrare, ma anche decodificare, le diverse proposte politiche. Tanto sul piano internazionale che italiano.
Siamo alla famosa/famigerata «fine della storia» ipotizzata a suo tempo da Francis Fukuyama? Fosse così, potremmo perfino esserne lieti. Saremmo in grado di capire. Invece, la faccenda è terribilmente articolata. Basta dare un’occhiata alla cronaca politica di un giorno qualsiasi. I temi e le posizioni s’intrecciano sul palcoscenico delle offerte e delle proteste, seguendo un copione che pare scritto da un giullare dalla vena incontenibile.
Gli esempi si sprecano. Potrei cominciare dal rapporto schizofrenico che abbiamo con l’Islam e la sua cultura. Su temi quali il velo, la separazione dei sessi, la morale in generale ci si accapiglia senza tregua. C’è chi teme l’invasione di valori antitetici a quelli cosiddetti occidentali, da tradursi con laico/illuministi/democratici: libertà e uguaglianza in testa a tutti. E chi scomoda esattamente gli stessi per sostenere il diritto dei musulmani a vivere secondo le proprie, consolidate, tradizioni. Naturalmente, poi, ci sono quanti chiamano in causa l’altrettanto celebre «scontro di civiltà» di Samuel Huntigton per sostenere la necessità di un confronto, per così dire “muscolare”.
In tutti i casi sopracitati, però, curiosamente sullo stesso lato della barricata si trovano soggetti che in teoria dovrebbero militare su fronti opposti: stanno spalla a spalla, invece, e invocano pure gli stessi principi.
Perché, siamo chiari, parlare di civiltà occidentale è riduttivo. Se lo facciamo, dove mettiamo il cristianesimo e il portato generale della sua dimensione morale? Non per nulla sopra ho parlato espressamente di valori laico/illuministi/democratici. Libertà ed uguaglianza hanno senso in questo alveo. Nessuno se ci muoviamo, invece, sul terreno dei fascismi che pure hanno caratterizzato il secolo appena passato della medesima “civiltà occidentale”. Dove, visto che siamo in piena “Giornata della memoria”, non dimentichiamoci che l’asticella della “diseguaglianza” è stata spinta oltre la soglia del massacro del diverso. Ritenuto di per sé inferiore. Al punto da poterlo sopprimere senza rimorso.
Un tempo sarebbe stato facile tracciare una linea netta: da una parte i “buoni”, quelli che credono per esempio nella libertà&uguaglianza, dall’altra i “cattivi”, cioè gli altri. Poi le cose si sono ingarbugliate, terribilmente.
Al punto che esiste una famosa canzone dedicata ai caduti, francesi, della 33a divisione Waffen-SS Charlemagne, in quanto ultimi difensori del bunker di Hitler nella Berlino del 1945. E cosa dicono le parole? Inizia così: «25 aprile è l’alba, cominciava a Berlino dell’Europa l’ultimo respiro, un migliaio di giovani attorno a un bunker da tutta Europa venuti a morire, con te Jean venuto dalla Francia con i tuoi vent’anni e la speranza di poter forgiare l’Europa della libertà con la certezza di morire per la civiltà…»
Follie di sprovveduti nostalgici? Mica tanto. Notate come si gioca con le parole “libertà” e “civiltà”. Chi mai potrebbe criticare dei ventenni capaci di mettere in gioco la propria vita per valori tanto importanti? Il problema nasce dalla divisa delle Waffen-SS indossata per farlo. Chi ascolta e non conosce la storia può anche lasciarsi sedurre.
Allo stesso modo, chi invoca il diritto a indossare il velo islamico lo fa sempre utilizzando, per così dire, le armi del nemico: concetti quali libertà e uguaglianza, per esempio.
E chi inneggia ai grandi statisti, Trump e Putin? Certamente, perché servono personalità capaci di prendere “decisioni”. Ovunque nel mondo s’invocano gli uomini del destino. Nessuna novità rispetto alla storia d’Europa e del pianeta, vicina e lontana. Tipico dei momenti di crisi. Quelli dei problemi complessi, le sfide di cui sopra, e delle soluzioni sfuggenti e sempre parziali.
Fino a qualche decennio fa ci soccorreva l’ideologia. Valori chiari, riconducibili a schieramenti politici precisi. O no? Non è che, per caso, si sia trattato di una qualche forma di nostro soggettivo strabismo? In definitiva, le cose non sono sempre andate in questo senso?
Già, perché scavando a fondo nei meandri della storia del pensiero si può trovare davvero di tutto. Il caso più clamoroso, in fondo, ce l’abbiamo in casa. La Chiesa cattolica nella sua lunga vicenda ci offre tanto San Francesco, al quale si richiama già nel nome il pontefice in carica, quanto, per esempio, Alessandro VI Borgia. Celebre per le amanti, i figli di più letti, il nepotismo, la violenza e la corruzione senza limiti. Possibile? Ispirati dalla stessa cultura, entrambi con gli stessi valori dichiarati.
Alla fine del nostro discorso, quindi, torniamo da dove siamo partiti: sono i tempi a essere complicati e difficili, al punto da generare un’insanabile mescolanza di principi fondanti utili per veicolare qualunque tipo di messaggio oppure… è l’animale uomo, questo feroce predatore che s’inebria di sangue e potere, a essere in sé stesso la radice del male? Nonché di qualunque bene, a ben guardare. Producendo, così, quella misteriosa «armonia di contrari» da cui sgorga la realtà. Forse ci sarebbe da rifletterci sopra.