Basta guardare un telegiornale, un quotidiano o una rivista, internet: la guerra non è mai stata così presente sul nostro orizzonte. Non credo di sbagliare se sostengo che la maggior parte del pianeta è in qualche modo coinvolto in una guerra.

Certo, bisogna capirsi bene. Cosa intendiamo esattamente con la parola “guerra”? In materia esiste la massima confusione e penso sia utile provare a dipanare la matassa di sentimenti e convinzioni che ostacola una chiara visione della realtà.

Partiamo dall’espressione “essere in guerra” e dalla piccola dimensione italiana. Oggi la Repubblica è in guerra. Non stupitevi. Intendo proprio nel senso tradizionale del termine, ha cioè i suoi soldati, i cittadini in armi, impegnati su vari fronti. Sino a qualche tempo fa il principale era rappresentato dall’Afghanistan. Oggi le Forze Armate hanno “quasi” abbandonato quel teatro, dove molti sono morti, ancora di più sono rimasti mutilati nel corpo e nello spirito, dove abbiamo sparato, ucciso, bombardato etc. Soldati, aviatori, marinai, carabinieri e finanzieri, però, continuano a essere presenti all’estero in una quantità di missioni. Va avanti così dal 1982, cioè da quando, in modo massiccio con l’intervento in Libano, il Parlamento decise di cominciare a inviare truppe nei vari scenari di conflitto. Tanto per non fare gli ipocriti, quando partono i soldati con armi e bagagli lo fanno per una ragione sola: combattere. Altrimenti ci pensa la Croce Rossa o Emergency.

Gli italiani devono diventare adulti, coscienti di quanto avviene, responsabili e smetterla di nascondersi dietro un dito. I soldati sparano. Gli aerei volano per bombardare. Le navi salpano per la stessa ragione o per trasportare un corpo di spedizione. Questo è successo in Libano nel 1982, dove siamo ancora adesso, in Somalia, Iraq, Kossovo, ovunque. Qualcuno ricorda il comico balletto per cui sembrava che AMX e Tornado facessero solo “ricognizione” su Pristina e dintorni? O in Iraq o in Afghanistan? Non è vero niente, hanno colpito esattamente come gli altri. D’altronde, sono stati acquistati e gli equipaggi addestrati, a caro prezzo, per svolgere questo lavoro e non altro.

Gli italiani, però, amano mentire a loro stessi. Quante diatribe abbiamo ascoltato sugli F-35? In Parlamento siedono diverse formazioni politiche che ne hanno osteggiato fieramente l’acquisto. Giusto, sbagliato, altrove il dibattito verte sulle caratteristiche dell’aereo da noi sulla “moralità” di possedere un cacciabombardiere votato all’attacco. Bene, l’ordine definitivo per i 90 esemplari finali è passato sotto integrale silenzio. Lo stesso vale per la Legge Navale o Programma Navale d’Emergenza. Nel 2014, per chi lo ignorasse, è stata varato questo strumento che prevede la costruzione, tra i mezzi principali, di: 16 Pattugliatori d’Altura, in realtà navi da 4/5.000 tonnellate di stazza che una volta si sarebbero chiamate incrociatori leggeri, 2 navi d’assalto anfibio da 22.000 tonnellate, 2 rifornitori di squadra da 23.000 tonnellate, 10 cacciamine veloci, 2 sottomarini di nuova generazione, 1 unità idroceanografica, che non serve a monitorare le balene nel caso qualcuno lo pensasse, 16 elicotteri pesanti, 9 covertiplani, 13 Uav… o meglio, queste sono le esigenze della Marina, finanziate in buona parte con la Legge Navale, in parte con risorse da reperire.

Ipocrisia italiana, dicevo: in realtà tutto ciò non sarà a carico dei fondi della Difesa, così possiamo fingere che la nostra spesa militare sia minima, ma in buona parte di quelli di altri ministeri, a cominciare dal Mi.S.E., Sviluppo Economico, ma persino del M.I.U.R., Istruzione-Università-Ricerca. Insomma, anche noi facciamo come tutti gli altri, ci armiamo, spendiamo e vogliamo passare inosservati.

L’Italia, quindi, è in guerra e l’articolo 11 della Costituzione, il celebrato “L’Italia ripudia la guerra…”, è di sicuro una bella dichiarazione di principio che, a quanto pare, non vale l’inchiostro con cui è stata scritta. Già, la domanda, però, a questo punto diventa: perché? Possibile che i politici di questo paese siano tutti affascinanti dalle avventure militari? O così deboli da non riuscire a opporsi alle pressioni di chi ci spinge a combattere di continuo?

Facciamo chiarezza. Cos’è la guerra? Temo che in proposito esista non poca confusione. Per cercare di rimettere sui giusti binari la riflessione, partirei da qualche definizione.

“La guerra è (…) un atto di forza che ha per scopo di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà”[1].
“La forza si arma delle invenzioni delle arti e delle scienze”[2].
“(la forza) è accompagnata da restrizioni insignificanti (…) alle quali si dà il nome di diritto delle genti, ma che non hanno capacità di affievolirne essenzialmente l’energia”[3].
“La forza (…) costituisce dunque il mezzo, lo scopo è di imporre la nostra volontà al nemico”[4].
“(…) che il nemico sia posto nell’impossibilità di difendersi (…) è (…) il vero obiettivo dell’atto di guerra”[5].
Faccio osservare che da nessuna parte si dice che “la forza” debba necessariamente essere rappresentata da eserciti o flotte. Neppure che lo scontro armato sul campo di battaglia sia l’unica opzione a disposizione. Il concetto di “forza”, in realtà è molto più sfumato e incerto.

Vediamolo un po’.

“La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi”[6].
“La guerra è il Tao dell’inganno”[7].
“Coloro che non si rendono conto dei pericoli intrinseci nella conduzione di una guerra sono incapaci di capire veramente i potenziali vantaggi delle azioni militari”[8].
“(…) conquistare un regno senza produrre danni è preferibile; distruggerlo è secondario”[9].

E venendo ai nostri tempi.

“Dov’è il campo di battaglia? (…) ovunque”[10].
“La guerra non è più appannaggio esclusivo dei militari professionisti”[11].
“Le guerre del futuro: 1) guerra informatica, 2) guerra chirurgica o guerra senza contatto, 3) operazioni congiunte, 4) operazioni militari diverse dalla guerra”[12].
“(…) operazioni di guerra non militari”[13].
“Gli esseri umani useranno qualsiasi mezzo concepibile per conseguire i loro obiettivi (…) operazioni di guerra non militari amplia la nostra percezione di ciò che esattamente costituisce uno stato di guerra a tutti i campi dell’attività umana[14].

Il che significa.

“In primo luogo la guerra commerciale (…) in secondo luogo la guerra finanziaria (…) in terzo luogo la guerra terroristica (…) in quarto luogo la guerra ecologica (chiamata anche di recente “guerra metereologica”, ndr)… guerra psicologica (…) guerra dei mezzi di comunicazione (…) guerra degli standard tecnologici (…) guerra delle risorse (…) guerra culturale (…) guerra del diritto internazionale”[15]. Spesso tutto ciò va anche sotto il nome di “soft-power” o “guerra di quarta generazione”.[16]
Perché, e concettualmente torniamo alla prima di tutte le citazioni, la guerra altro non è che “usare tutti i mezzi possibili per obbligare il nemico a servire i propri interessi”[17].

Combattere? Sempre dispendioso, dall’esito comunque incerto e il più delle volte inutile, secondo il Maresciallo de Saxe, comandante in capo delle armate del Re Sole. Meglio evitare il fumo confuso della battaglia, se possibile. Non è un caso se i più fieri oppositori alle avventure belliche, in genere, siano proprio i militari. A cosa servono le armi, allora? Gli aerei e le navi citate all’inizio?

“Si vis pacem, para bellum” è un celebre detto latino. Perché, se sei forte, nessuno si azzarderà ad attaccarti e potrai evitare di dover “servire” gli interessi di qualcun altro. Infine, e sarebbe di per sé ragione sufficiente, perché se proprio si dovesse arrivare a usare le armi, bisogna essere in grado di evitare di farlo nel giardino di casa. Che ciò avvenga lontano, lasciando siano gli altri a sperimentarne la spaventosa potenza. Questo il grande insegnamento strategico di Roma nel mondo antico, di Venezia Serenissima nel MedioEvo, dell’Inghilterra imperiale tra Settecento e Ottocento, degli USA nel Novecento e ancora oggi. Tutte lezioni da meditare con attenzione. Prima che sia troppo tardi.

1 Karl von Clausewitz, Della guerra, p. 19, trad. it., Mondadori editore, Milano 1970.
2 Ibidem.
3 Ibidem, p. 20.
4 Ibidem.
5 Ibidem.
6 Ibidem, p. 38.
7 Sun Tzu, L’arte della guerra, p. 96, trad. it., Neri Pozza Editore, Vicenza 1999.
8 Ibidem, pp. 99-100.
9 Ibidem, p. 103.
10 Qiao Liang; Wang Xiangsui, Guerra senza limiti, p. 74, trad. it. Leg, Gorizia 2001.
11 Ibidem, p. 75.
12 Ibidem, p. 78.
13 Ibidem, p. 80.
14 Ibidem.
15 Ibidem, pp. 81-5.
16 Cfr. Massimo Amorosi, Il futuro della guerra: la guerra di quarta generazione e altri miti”, in Analisi Difesa, Anno 8, n. 74, Febbraio 2007.
17 Qiao Liang; Wang Xiangsui, Guerra senza limiti… cit…, p. 86.