L’epidemia, o pandemia ormai che sia, di coronavirus di lezioni ce ne sta impartendo diverse. Una, però, mi sembra di particolare importanza per le sue conseguenze di lungo periodo: la necessità di mantenere autonoma capacità di ricerca, sviluppo e produzione di un’ampia gamma di manufatti. Si va dai satelliti alle mascherine filtranti, tanto per chiarire.

Il turbocapitalismo globalizzato, incentrato sul massimo profitto immediato, ci ha spinto a dimenticarci non solo dei danni ambientali inflitti al Pianeta dalla frenetica circolazione di materie prime, semilavorati, merci e persone, ma anche della penuria sino alla totale mancanza che lo spezzarsi di singoli anelli della catena di approvvigionamento può determinare. Ovunque. Sino al collasso generale. Anche perché ognuno finisce per tenersi ciò che ha. Mascherine e respiratori insegnano.

In termini strategici, bisogna cominciare a pensare alle singole aree territoriali, chiamiamole Stati per comodità, in termini di sistemi complessi ai quali servono, per continuare a funzionare e a fornire servizi, sotto-sistemi ridondanti. Ridondanza che deve interessare un ventaglio assai più ampio di quanto noi non sospettassimo di questi sotto-sistemi. I problemi che stanno mettendo in crisi il nostro, pur ottimo, Servizio Sanitario Nazionale lo dimostrano.

Si tratta di debolezze che riguardano tanto il personale, scarso, che le infrastrutture, insufficienti. Degli ospedali, certamente, ma non soltanto. Le varie forme di lavoro e insegnamento a distanza, infatti, passano attraverso reti a banda larga e ultra larga, alla diffusione capillare di supporti informatici e di un’adeguata cultura digitale condivisa. Nulla che s’improvvisi dalla sera alla mattina.

La ridondanza riguarda anche Protezione Civile, Forze di Polizia e Forze Armate. Il posto di controllo tra Vò Euganeo e Noventa Vicentina gestito da paracadutisti della Folgore visualizza in modo plastico la questione. Così come gli elicotteri EH-101 adibiti allo sgombero malati o le ex caserme da riattrezzare a spazi di cura d’emergenza. Risorse disponibili, per fortuna e speriamo bastino, che forniscono un servizio ulteriore al di là di quello specifico, cioè di difesa. La quale non è affatto marginale, come quanto sta succedendo in Tracia al confine greco-turco testimonia. Se non ci fossero, come faremmo?

Ridondanza è il concetto che spiega come mai le Forze Armate mantengano aggiornate le liste di leva: hai visto mai che ci si trovi nella situazione di dover richiamare qualche classe per tamponare emergenze di ogni tipo? Gli esempi potrebbero continuare all’infinito.

Non ci si può, però, dimenticare di un aspetto forse meno facile da visualizzare, ma dalle conseguenze nel tempo ancora maggiori. Mi riferisco all’utilità di conservare la capacità di produrre acciaio, e ogni riferimento all’ILVA è voluto, trasporto aereo, Alitalia, ma anche banche, assicurazioni, cantieri navali, industrie aerospaziali, elettroniche, biomedicali e via dicendo. Faticano a stare sul mercato o lavorano addirittura in perdita? Vorrà dire che i settori trainanti del made in Italy se ne faranno carico. Il prosecco manterrà l’ILVA, tanto per dirne una.

Bisogna farsene una ragione: il “mercato”, questo totem seducente e pericoloso non può essere l’unico metro per valutare l’opportunità o meno di conservare alcuni settori. Nossignore. Oggi che cerchiamo affannosamente mascherine e respiratori ovunque e a qualunque prezzo, implorando che ce li diano, forse cominciamo a capirlo.

Ho accennato al fatto che le lezioni dell’epidemia sono molte. Questa è soltanto la prima. Per esaminarne qualche altra, però, rimando ai prossimi articoli. Perché la seconda davvero importante è che l’eccesso di verbosità nuoce alla chiarezza, affastellando argomenti e considerazioni a danno di lettura e comprensione. Per cui, arrivederci alla prossima.

 

Ps. Una piccola annotazione: come avrete notato non ho usato un solo anglismo e neppure alcun acronimo esoterico, direi che si può fare a vantaggio di tutti.